Proprio vero che gli esami non finiscono mai!

Editoriale a cura di Vittorio Venuti

Ad un certo punto, si è diffusa la notizia che i risultati delle prove INVALSI saranno presenti nel curriculum dello studente allegato al diplo­ma, secondo quanto richiede anche il PNRR. Lecito chiedersi, quindi, del perché di tale di­sposizione, cosa significhi per gli studenti e, più ancora, quale sia il suo fine, in considerazione del fatto che le prove Invalsi sono sempre state propagandate e accolte, pur con molti segni di disappunto, come una modalità che intende va­lutare il sistema d’istruzione e non i singoli alun­ni né, tanto meno, gli insegnanti.

Non abbiamo dubbi sul fatto che una tale di­sposizione, nella migliore delle ipotesi e qualo­ra fosse affiancata da una chiara e sana motiva­zione, possa anche essere proposta in modo da rivelarsi un vantaggio per gli studenti, ma, cer­tamente, non può precipitare dall’alto su un si­stema d’istruzione che ha persino smarrito quale sia il senso della scuola oggi e faccia ancora dif­ficoltà a riconoscere la centralità dell’alunno, che dovrebbe svettare oltre ogni disegno ideologico.

Cosa è cambiato da un giorno all’altro? Si parla di risultati di apprendimento delle prove Invalsi, il che suscita qualche domanda e alme­no qualche perplessità. Possiamo considerare “corretta” tale estensione di “potere” delle prove Invalsi? E come si appaleserebbero i risultati: un giudizio, dei voti? In tal caso le prove sarebbe­ro proposte non più nel rispetto dell’anonimato degli alunni, quindi in modalità non ansiogena in quanto non a scopo espressamente valutativo dei singoli, ma si evidenzierebbero come prove soggette a valutazione ad personam non solo con un “peso” sugli scrutini e sull’ammissione agli esami di Stato, ma anche sul destino degli studenti oltre la scuola. Non è sospetto questo prevalere sempre più dei risultati delle prove In­valsi sul percorso di studi degli studenti? Tutto questo non significa “sgambettare” la scuola? E ancora: veramente si ritiene che le prove Invalsi consentano il riconoscimento delle competen­ze (?) conseguite dagli studenti, confidando che rappresentino una loro valutazione oggettiva e, per questo, utili a descrivere un quadro più com­pleto del loro percorso formativo?

Tutto bene, per carità, se si vuole! Ma sarebbe importante sapere il perché di tutto questo, al di là della solita tiritera che “ce lo chiede l’Europa”. Si sta profilando un’altra modalità d’esame? E co­munque, cosa accadrebbe agli studenti “insuffi­cienti” nelle prove? La “macchia” comparirebbe sul curriculum a futura memoria? Quale giova­mento ne avrebbero in tal caso? D’accordo, de­vono solo darsi da fare e studiare di più, perché devono sapersi adattare a ciò che i test prevedo­no debbano avere imparato! Strano, ma questo tipo di valutazione non è (o era?) una prerogati­va riconosciuta agli insegnanti?

Lo ammetto, qualcosa mi sfugge in tutto que­sto, se non si riconnette il tutto a una deriva che vorrebbe delineare per la scuola un profilo più di tipo aziendalistico, orientato a premiare mag­giormente la vocazione orientativa e professio­nalizzante. Nulla da eccepire, però… però c’è da stare attenti, perché la scuola fa sempre più fatica ad assorbire novità che vogliono affrontare le emergenze e che, in qualche modo, tendono a modificare l’esistente senza passare per i nodi strutturali che, invece, la strangolano.

Quale che sia la linea ideologica che i decisori politici vogliono perseguire, non si può prescin­dere dal considerare la scuola come un sistema complesso a legami deboli, una realtà che esige il massimo rispetto, pena l’implosione. Le novi­tà, i rimedi che si vogliono paventare, le rifor­me di questo o di quello senza avere una visio­ne d’insieme e senza prevedere cosa andranno a suscitare, seppure accolte, rischiano sempre di gravare sull’impegno educativo e formativo dei docenti, già ostaggio di una pletora di adem­pimenti burocratici, che ne stanno minando la professionalità e la serenità.

Gli articoli di questo numero:

Filippo Cancellieri propone alla riflessione “Lavoro e istruzione mentre irrompe l’Intelligenza Artificiale” e si avvia l’era dello sconvolgimento dell’economia e del mercato del lavoro, che pro­cede con l’automazione di ogni mansione routi­naria, pur se, al momento, incidendo meno sui lavori manuali, che richiederebbero robot costo­si e comunque lontani dagli standard di manua­lità umane. Certamente le tecnologie, a causa della dipendenza dal dispositivo elettronico, ci stanno progressivamente disabilitando. La de­qualificazione e il declino delle professioni intel­lettuali si estenderà alla scuola e in che misura i profili e le mansioni verranno fagocitati dall’IA?

Giacomo Mondelli prosegue il discorso av­viato nel n. 3 di Dirigere, sulla necessità che l’a­zione formativa si ponga al centro della profes­sionalità docente, e ci coinvolge ne “La riflessione educativa deve partire dallo sguardo ai bambini e dai ragazzi”, proponendosi di esplorare l’azione educativa e le ragioni a fondamento della sua progettazione, quindi di individuare i princi­pali ambiti, luoghi, motivi dell’agire educativo a scuola, in modo da sottolineare l’importanza dell’acquisizione di un accettabile bagaglio di co­noscenze in merito ai comportamenti espressi e le modalità di relazione dai discenti vissute den­tro e fuori la scuola.

Gianluca Dradi pone all’attenzione “Quando un’attività per conto terzi persegue fini di lucro”, ri­prendendo l’atto di citazione della sede giurisdi­zionale della Corte dei Conti della Toscana nei confronti del dirigente scolastico, della Dsga e di due docenti di un istituto tecnico toscano dotato di un laboratorio analisi per l’attività didattica, utilizzabile anche per attività in conto terzi. Nel merito di questo utilizzo, la procura contestava la non corretta gestione dei fondi provenienti dall’attività in conto terzi, consistente nell’ero­gazione di compensi con modalità non corrette, provocando un danno complessivo quantificato in oltre 7 milioni di euro e ripartiti in ragione del diverso ruolo rivestito dai presunti responsabili.

Maria R. Tosiani mette a disposizione un contributo centrato su “I contratti di distributori di merende ed il nuovo codice dei contratti”, que­stione che ha sempre dato problemi in merito alle modalità di scelta del contraente, di tipologia di contratto da stipulare e per le problematiche fiscali relative al contributo dato alle istituzioni scolastiche. Il lungo articolo approfondisce con dovizia di spiegazioni gli aspetti che attengono a tale materia a partire dal requisito di essere qua­lificati come stazioni appaltanti per le attività di concessioni.

Rocco Callà tratta de “La validità dell’anno scolastico ai fini della valutazione degli alunni nella secondaria di primo e secondo grado”, una lunga ed esaustiva disamina redazionale che ri­chiama e chiarisce approfonditamente tutti gli aspetti della normativa di merito, anche sof­fermandosi sulle deroghe, sulla comunicazione agli studenti e alle famiglie, sull’incidenza della pratica sportiva agonistica, sulla validità dell’an­no scolastico per la valutazione degli alunni nei percorsi di istruzione degli adulti di secondo li­vello.

Michela Lella sostiene “L’insostenibile legge­rezza dei ‘dispersi’”, dando spazio alla folta schie­ra di alunni (bambini, ragazzi, adolescenti) che, nelle aule scolastiche, si trovano in difficoltà, evidenziando disagio a causa dei loro difficili percorsi di istruzione e formazione; disagio che, peraltro, si palesa anche nei molteplici contesti relazionali nei quali agiscono ogni giorno. Il fe­nomeno dei “dispersi”, già particolarmente con­sistente in Italia, rischia di estendersi ancora di più, allontanandosi ulteriormente dall’obiettivo del 9% entro il 2030 stabilito dall’UE.

Mario Di Mauro, per la Scuola in Europa, ci introduce “Dal CEDE all’IEA, da TIMISS a PISA …al ROSE Project per una nuova sapien­za dell’apprendere”, spazi che possono sfociare nella competizione non solo tra continenti ma anche tra paesi vicini. Il contributo si snoda a partire dall’iniziativa italiana dei primi anni ’70 con la storica Villa Falconieri di Frascati sede del CEDE, il Centro Europeo dell’Educazione; una straordinaria intuizione partecipativa, che guardava a come allestire una vera e propria rete di collaborazione tra i paesi della Comunità eu­ropea che, andando oltre l’istruire, puntasse ad un futuro di conoscenze fatto di testimonianze pedagogiche e didattiche sovranazionali.

Stefano Callà analizza sotto il profilo giu­risprudenziale il diritto di accesso ai verba­li del consiglio d’istituto “Illegittimo il diniego all’istanza di accesso sulle dichiarazioni rese dai membri del consiglio d’istituto”, soffermando in particolare sulla richiesta di copia del verbale promossa da una società privata al fine di venire a conoscenza delle dichiarazioni rese da parte di uno dei membri del consiglio d’istituto ritenute lesive dell’immagine aziendale.

Vittorio Venuti, per la rubrica di Psicologia, propone “L’arte di fare e farsi domande”, rilevan­do quanto possa essere importante centrare di più l’attenzione sulla capacità degli alunni di fare domande, in quanto i “perché?” costituiscono un pregevole strumento per poter interagire con l’ambiente circostante ed alimentare il proprio pensiero critico, in quanto esigono una costru­zione di parole che si avvia da sensazioni e cono­scenze pregresse, tanto più utili quanto più sono espressi consapevolmente, interpretando lo spa­zio e gli elementi da cui vengono sollecitati.

Stefania Cera scrive della “Responsabilità del Dirigente Scolastico nella gestione dell’assenza di minori da scuola per partecipazione a spot tele­visivi”, riscontrando il caso di un DS al quale i genitori di un alunno di scuola secondaria di 1° grado richiedono l’autorizzazione all’impiego del minore in spettacoli e spot televisivi anche derogando al limite delle assenze per la validi­tà dell’anno scolastico. Cosa potrà rispondere il DS?

Vincenzo Casella, per Sportello Assicurati­vo, propone la questione degli “Stage all’interno della scuola”, esponendo il caso di una Società privata di formazione che chiede la disponibilità a ospitare alcuni loro studenti in uno stage for­mativo presso l’istituto scolastico. Cosa prevede la polizza assicurativa dell’istituto?

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